Le Marche
La cultura italiana della tavolaLa cultura italiana della tavola
Il calendario:
Settembre 2022 / La Sicilia e la Sardegna
Ottobre 2022 / Le Marche
Novembre 2022 / L’Umbria
Dicembre 2022 / La Toscana
Gennaio 2023 / Emilia Romagna
Ingredienti e prodotti regionali protagonisti del mese:
Le ricette Speciali del mese
per iniziare...
A seguire...
PER SAPERNE DI PIù…
Ciauscolo
(da Wikipedia)
Il ciauscolo è un salume della tradizione contadina dell’entroterra umbro-marchigiano. Secondo alcune ipotesi si riconduce ai salumi freschi conosciuti in età longobarda.
L’etimologia del termine è incerta: Carlo Battisti e Giovanni Alessio propendono per una derivazione dal latino iūsculum (attestato in Catone), diminutivo di iūs, “salsa”, “sugo”, “brodetto”, tuttavia non è chiaro quale sia l’elemento prefisso; più probabilmente il nome deriva dal latino ci(a)busculum, letteralmente “piccolo cibo”, “spuntino”.
Il 3 novembre 2006 il ciauscolo ha ottenuto il riconoscimento di Indicazione geografica protetta (IGP) nazionale.
L’11 agosto 2009 il ciauscolo ha ottenuto il riconoscimento di Indicazione geografica protetta (IGP) europea.
Il riconoscimento IGP viene dato unicamente al ciauscolo prodotto nelle province di Ancona, Macerata, Fermo e Ascoli Piceno.
Materia prima: impasto di carne suina derivante da spalla, pancetta, prosciutto, lombo, lardo e altri tagli minori con aggiunta di aromi quali vino bianco, aglio e pepe.
Si distingue rispetto agli altri salumi per la sua spalmabilità tale da renderlo paragonabile ad un paté. Questa caratteristica, dovuta alla particolare composizione dell’impasto di carne e alle specifiche tecniche di lavorazione, è più evidente nelle zone dell’alto maceratese e nell’entroterra ascolano dove la percentuale di grasso è maggiore.
Tartufo marchigiano
(da Il Babbuino Ghiotto)
Nella regione delle Marche è possibile trovare due tipologie pregiate di tartufo:
- Il Tartufo Bianco pregiato (Tuber magnatum pico) raccolto nella zona nord di Pesaro ed Urbino
- Il Tartufo Nero pregiato (Tuber melanosporum) nella zona più a sud in provincia di Ascoli Piceno
Esistono poi anche altri tipi meno pregiati di tartufo che ovviamente hanno proprietà organolettiche e costo completamente diversi, ma che possono lo stesso essere valorizzati in deliziose ricette. I più conosciuti sono:
- Il Tartufo nero d’estate chiamato anche tartufo scorzone (tuber aestivus vitt)
- Il Tartufo bianchetto detto anche Marzuolo per il periodo di raccolta da gennaio a marzo (tuber borchii)
La zona del pesarese dove viene raccolto il tartufo bianco, è considerata a livello nazionale uno dei migliori luoghi per la raccolta di questo tubero. In questa provincia sono presenti mercati del tartufo e anche importanti mostre ed eventi come la Fiera nazionale del tartufo di Acqualagna o quella di Pergola, luoghi per giunta veramente spettacolari dal punto di vista naturalistico e culturale. Urbino stessa, un vero gioiello sia dal punto di vista storico artistico che per la sua meravigliosa natura circostante, è tappa obbligata per gli amanti del tartufo e con essa Carpegna, Fossombrone e Sassocorvaro poco distanti. Il momento migliore per la raccolta dei tartufi in questa zona è quello che va da settembre fino a tutto l’inverno.
Paccasassi del Conero
(da Rinci)
Paccasassi o Spaccasassi è il nome dialettale del finocchio marino selvatico. Quest’erba spontanea cresce a picco sul mare: al primo sguardo sembra che le sue radici “spacchino” letteralmente la roccia, in realtà si insinuano nelle sue fenditure e attecchiscono alla terra e alla sabbia che trovano nel loro percorso.
I Paccasassi del Conero, un vero e proprio orgoglio di queste terre, sono inclusi nell’Arca del Gusto della Fondazione Slow Food.
Il finocchio marino selvatico cresce spontaneamente lungo le coste del Mediterraneo e del nord Europa. Il suo commercio fu molto fiorente nel vecchio continente fino alla fine dell’Ottocento e il suo impiego ha antiche attestazioni. Ne fa menzione anche Shakespeare nel suo Re Lear.
Il consumo di finocchio marino era particolarmente diffuso tra il personale marittimo per prevenire lo scorbuto, grazie alla ricchezza di vitamina C. Inoltre ha ottime qualità nutrizionali e contiene sostanze benefiche all’organismo: polifenoli e acidi grassi omega-3.
Cominciò a scomparire a causa della raccolta indiscriminata e, anche oggi, nel Parco Regionale del Conero e in alcune zone d’Italia e d’Europa, il finocchio marino è catalogato tra le specie vegetali protette.
Piconi marchigiani
(da Piccole ricette)
Diffusi in tutte le Marche, i Piconi al formaggio sono conosciuti anche come Calcioni, Caciunitti, Caciuni, Ravioli al formaggio e Ravioli ascolani. Come succede con molte ricette della tradizione popolare, non esiste una sola e unica ricetta, ma in base alla zona e alle tradizioni, la ricetta dei Piconi può variare, anche sensibilmente sia nella composizione del ripieno che in quella della pasta, infatti c’è chi mette del succo di limone o del vino bianco nell’impasto esterno, oppure chi utilizza solo pecorino stagionato nel ripieno. Una cosa è certa: si chiamano Piconi per via della tipica piccata, ovvero il taglio che si fa in superficie e che permette al ripieno di fuoriuscire.
Grano turanico
(da Pasta Mancini)
Il grano turanico è una sottospecie antica di grano duro, selezionata dall’uomo più di 4.000 anni fa nella regione del Khorasan (Nord-Est dell’Iran). La classificazione esatta è Triticum turgidum subspecie turanicum, comunemente conosciuto come T. turanicum. La coltivazione di questa varietà si è diffusa nel bacino del Mediterraneo e anche in Italia, ma è stata abbandonata in tempi moderni a causa della sua bassa resa.
Dal 2014 Il Pastificio Mancini ha sviluppato metodologie specifiche e strumenti di pastificazione per interpretare al meglio la ricchezza di questi grani, rivalutati e rimessi in coltivazione in collaborazione con Prometeo e Oriana Porfiri, agronomo esperto di cereali.
“Utilizziamo trafile circolari in bronzo ed essicchiamo la pasta a temperature inferiori a 55° C impiegando per la pasta corta circa 20 ore. Il risultato che si ottiene dall’unione tra il semolato ottenuto e l’acqua è una pasta dal colore della terra e dallo spiccato odore di grano. Dagli studi condotti a livello qualitativo è emerso un aspetto molto interessante circa le peculiarità del glutine, che risulta poco tenace e facilmente digeribile.”
I Sedani 20 Righe turanici si caratterizzano per la doppia rigatura: ci sono infatti 10 righe all’interno e altrettante all’esterno.
Ragù marchigiano
(da Tasting Marche)
Il Ragù della Tradizione Marchigiana è una antica ricetta della tradizione, fortemente evocativa ed elemento principale della ricetta dei “vincisgrassi”, storica lasagna marchigiana. Questo delizioso sugo è realizzato con diversi tipi di carne (pollo, suino e vitellone da pascolo). Ottimo per condire qualsiasi tipo di pasta secca o all’uovo.
Vincisgrassi
(da Wikipedia)
I vincisgrassi o vincesgrassi sono un primo piatto tipico, considerato uno degli emblemi della cucina marchigiana.
Di questo piatto sono diffuse diverse varianti, tra le quali si distinguono i vincisgrassi alla maceratese, per i quali è stato avviato il procedimento per il marchio STG (S pecialità Tradizionale Garantita).
Si tratta di una pasta al forno, simile alle lasagne al forno, tipico delle Marche. In comune con le lasagne hanno il condimento a base di ragù e besciamella. Le differenze con le lasagne consistono invece nel tipo di ragù, preparato con carne tagliata grossolanamente e non macinata, e nella besciamella, più soda, che dà al piatto una compattezza maggiore; inoltre la presenza delle spezie (chiodi di garofano e noce moscata) deve essere più avvertibile.
Nelle ricette tradizionali come quella dei vincisgrassi alla maceratese, sono presenti anche le rigaglie di pollo. Nell’impasto delle lasagne possono entrare Marsala o vino cotto.
Stoccafisso all’anconitana
(da Visitancona)
Lo Stoccafisso all’anconitana è sicuramente uno dei piatti tipici di Ancona se non addirittura il suo simbolo gastronomico. E’ tanta l’importanza che in città è stata fondata una “Accademia dello stoccafisso all’anconitana” per proteggerne la tradizione ed è per questo che annualmente si svolge una gara di bravura alla quale partecipano i vari ristoranti della città.
La storia dello stoccafisso racconta che le navi di Ancona si spingevano fino alle città anseatiche e non di rado risalivano i fiordi norvegesi.
Per non fare il viaggio di ritorno senza carico importavano grandi quantità di stoccafisso soprattutto dalle Isole Norvegesi Lofoten.
La qualità usata per questo tipico piatto è quello denominato di “ragno”, considerata la migliore.
Caratterizzato da una lunghissima cottura, dalla presenza di patate in pezzi grossi e da una grande abbondanza di vino ed olio di frantoio.
Nella variante all’imbriagona la quantità di vino è notevole.
Il sugo viene utilizzato anche come condimento per paste o polenta.
Sapa
(da Agricola SiGi)
La sapa è detta anche “mosto cotto”. Il mosto viene immerso in un paiolo di rame e bollito lentamente per 24-36 ore.
La sapa è pronta quando si sarà ridotta ad un terzo della sua quantità iniziale. Si conserva benissimo proprio grazie al suo tenore zuccherino.
Lardo di Mangalica
(da Sirio Food Passion)
Un manto lanoso, simile a quello della pecora: si tratta di una razza ungherese molto rara che è tornata a parlare di sè grazie al lavoro di chef e allevatori da tutto il mondo. Discendente dai cinghiali selvatici europei, le carni i salumi e gli insaccati sono molto apprezzate e non hanno nulla a che invidiare ai più blasonati suini iberici: carne tenerissima e succosa, un alto contenuto di grassi insaturi, è perfetta per essere trasformata in salumi: prosciutto, pancetta, salame e lardo.
Qualcuno lo ha addirittura definito “il kobe dei suini”.
Dal punto di vista del gusto e della consistenza il Mangalica può avvicinarsi al Pata Negra iberico. Rispetto al Pata Negra, il grasso del maiale mangalico risulta essere più morbido, basti pensare che si scioglie a circa 37 gradi.
Il Mangalica è una razza di maiale molto diffusa nella zona dei Balcani e dell’Ungheria; esistono tre varianti: bianca o bionda, una nera (“pancia di rondine”) ed una rossa; tutte con due tipi di setole, le prime normali, le seconde molto lunghe e sottili. Arriva a pesare fino a 300 kg di peso.
Visciole al sole
(da Agricola SiGi)
La Visciola è una piccola amarena selvatica (Prunus Cerasus) Il frutto della visciola, ben maturo, viene lavato e asciugato. Successivamente viene inserito nei vasi che vengono riempiti di zucchero. I vasi chiusi vengono posti al sole su tavole di legno per 38-45 giorni. In questo periodo il sole provvede alla disidratazione lenta dei piccoli frutti e allo scioglimento dello zucchero, aiutato dalla manualità dell’uomo che muove diligentemente i vasi ogni due giorni durante tutto questo periodo. Si forma così lo sciroppo naturale che è anche il liquido di governo delle visciole disidratate. E’ un prodotto unico non solo per la particolare lavorazione ma anche perché lo sciroppo che si forma è fatto solo del suo stesso succo, senza acqua.
SENZA GLUTINE, SENZA PECTINA, SENZA COLORANTI, CONSERVANTI O QUALSIASI ADDITIVO CHIMICO
Inserita nell’Atlante dei Prodotti Tipici INSOR Istituto Nazionale di Sociologia Rurale.
Pera Angelica
(da Agricola SiGi)
La Pera Angelica è una varietà di pera tipica della regione Marche che Si.Gi. presenta sciroppata al naturale, detorsolata e tagliata a metà.
SENZA GLUTINE, SENZA PECTINA, SENZA COLORANTI, CONSERVANTI O QUALSIASI ADDITIVO CHIMICO
La descrizione della pera angelica tradotta da Oriana Porri ci fa capire l’importanza del recupero di questo frutto dimenticato: “Il Pero Angelico è una delle varietà̀ più̀ preziose del suolo Italiano.[…] Il frutto è oblungo, tondeggiante sulla corona, poi rilevato irregolarmente, e degradate in seguito in un collo, che gli dà la vera forma della pera. La sua buccia è giallognola nella maturità̀, ma sfumata di un rosso vinoso, che nel lato del Sole si spiega in tante macchiette rotonde punteggiate di grigio, che risaltano singolarmente, e che la distinguono da tutte le altre pere conosciute. La polpa è bianca, gentile, butirrosa insieme e croccante, e piena d’un sugo abbondante e saporito, che la rende graziosa, e la fa gareggiare colle pere più̀ squisite.”